martedì 15 luglio 2014

Perfect simmetry

Se hai ragione, come senti d'aver ragione, nel non tollerare di dover rinunciare ad avere opinioni variegate sulle questioni del mondo in favore di una pretesa fedeltà ad un pacchetto all inclusive, allora ne consegue, acciocché questa ragione non sia inficiata in atti da te medesima, che devi a tua volta adoprare questo identico criterio nel rapportarti con le persone che ti stanno intorno, consentendo loro di esser variamente in accordo e disaccordo con te restando con te in proficua e felice relazione, e non invece provare simpatia per loro quando la pensano come te e antipatia quando la pensano all'opposto, cara Cri, non ti pare?

martedì 8 luglio 2014

Sorry seems to be the hardest word


"Sai, quella cosa lì, di farmi stare con la bocca spalancata a guardare il soffitto, giovedì scorso, mi ha tutta scombussolata. Venerdì pomeriggio, dopo il fatto che ti ho detto, dovevo andare da Ilaria a cena e in autostrada ho sbagliato due volte casello perché piangevo da schiantarmi il petto. Non può essere che sia "solo" quella la causa scatenante. Sicuramente questa faccenda, che ormai ho accettato nella mia vita come una sorta di Avanti e Dopo Cristo, riveste tanta importanza dentro di me perché, Dio solo sa perché, ha catalizzato con potenza dirompente un transfert della Madonna, tutto in un punto, come un Big Bang al contrario."
"Certo. Sicuramente. Ma insomma, diciamo che ti sei un po' rimescolata."
"Sì. Perché, ecco, piangevo da non riuscire a vedere la strada, ma piangevo di un misto di parti distinte: di dolore, ma anche di gioia, di tenerezza immensa. Non di sofferenza: non chiamerei più sofferenza quella che provo, quella sensazione bruciante, intollerabile che avevo dentro e addosso quando sono venuta qui al principio e che non mi faceva campare. Ora si è addensata in un dolore sordo, calmo, come un buco nel cuore. Ecco, è dolore. Dolore per essere davanti alla verità: che questa situazione non posso la cambiare. Dolore per qualcosa che ho perso e che non posso recuperare. Dolore di voler bene e non esser riuscita a farmi voler bene. Un dolore che mi crepa il cuore..."
"Siamo tutti incrinati, Cri."
"... Sì. E' la vita, lo so. E' un dolore buono, che mi fa sentire viva. Una pena dolce che mi porto dentro, che fa parte di me, in fondo alla quale trovo me stessa."
"E' che dentro di noi ci sono queste cisti di dolore che vanno sciolte una ad una, per arrivare alla pace e all'equilibrio. Perché credi che io, con tutti i miei limiti, oggi sia così? Perché anch'io sono passato in mezzo al mio dolore. E ora anche tu ci stai passando. Ora attraversi questo dolore antico, finalmente."
"Non mi importa come tu ci sia diventato, così. Sono solo contenta che tu ci sia diventato, perché è grazie a te che io ora sto così. Con questo dolore e con la fiducia, la consapevolezza che davanti a me, in fondo al dolore, c'è un bene, una ulteriore gioia di vivere."
"Sì. E sai perché ora lo provi, questo dolore? Perché ora te lo puoi permettere."
"Capisco quello che dici. E mi commuove. Sai, tanto tempo fa, all'inizio di questo cammino di rinascita, ho capito che avevo imparato ad amare - no, non imparato ad amare, avevo scoperto di saperlo fare - e che dentro l'amore c'è sempre il dolore. Ora ho scoperto anche il viceversa: che dentro il dolore c'è l'amore. E' la vita."


sabato 5 luglio 2014

Non c'è più niente/da fare


"L'amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo. L'amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso. Allora non sarà trascinato, ma trascinerà."
Leggo il due luglio su FaceBook questa citazione di Herman Hesse in bacheca di un'amica. Sono particolarmente sensibile al tema, in questi giorni, e la sento colpirmi con forza, trapassarmi come una lama di luce la mente, allentarmi la rigidità della della cassa toracica.

La condivido immediatamente sulla mia pagina di DilloallaCri, che negli ultimi mesi, perdendo causticità, è diventata più uno spazietto di autocoscienza meditativa.
La visualizzano, in tre giorni, cinquanta persone.

"Certi amori non finiscono, fanno dei puttantour immensi e poi ritornano".
Questa - una scemenza senza fine triste, una caduta di stile del tutto estemporanea e insignificante che probabilmente non avrei postato nemmeno nei giorni più foschi della mia rabbia depressiva, mesi e ormai anni fa - viene condivisa, il giorno successivo, sulla pagina da un'altra amministratrice della medesima.
La visualizzano, in due giorni, duecentoquarantaquattro persone.

E non c'è più niente da dire o da fare, mi pare.

venerdì 4 luglio 2014

Se

"Se tu ti ricordassi di me, non mi importerebbe nulla neanche se tutti gli altri mi dimenticassero."


Ho comprato un Murakami, stasera, solo per questa frase qua.

La tempesta perfetta

Abito nel quadrante sud est di Roma, e dunque nel pieno epicentro del sisma artificiale (e artificioso) denominato "cantieri di costruzione della metro C".
Tutte le mie minute attività quotidiane, lavorative e di diporto spicciolo, si snodano lungo la direttrice delle quattro future stazioni Teano-Malatesta-Lodi-San Giovanni, dove ogni rettilineo dei bei tempi andati si è da anni intorcinato in un frastagliato groviglio di curve angoli e giravolte e vicoli ciechi e strozzature e imbuti in grado di generare e stabilizzare innumerevoli serie di piccoli e grandi ingorghi su una superficie già vocata di suo alla loro produzione per i motivi più disparati, stante la densità abitativa, le molte assurdità topografiche di quartieri venuti su negli anni d'oro dell'edilizia abusiva, l'insufficienza dei mezzi pubblici (da cui il motivo dell'alzata d'ingegno di costruirci una linea di metropolitana)  e la pesantezza dei culi dei suoi residenti.
Dopo parecchi mesi di assestamento e il confortante raggiungimento a fatica di un'ordinata metodicità del caos, un paio di dissesti idrogeologici, volgarmente chiamati "voragini", capaci di interdire il transito veicolare delle due strade di scorrimento principali ai lati della Via Casilina sia in direzione del centro che in quella opposta e anche per quella laterale su una delle bisettrici di collegamento con la consolare limitrofa, hanno mandato in vacca tutto il meccanismo appena collaudato.
Alzata in questo modo l'asticella della difficoltà della circumnavigazione automobilistica io e tutti gli altri residenti ci siamo dovuti ingegnare, ex abrupto, alla subitanea ricreazione di un nuovo modello di casino agibile.
Adesso che, con pazienza certosina, parecchi autentici colpi di genio e pure qualche inevitabile contromano qui e là, avevamo preso le misure anche a queste insorte evenienze, ecco spuntare repentinamente a macchia d'olio ulteriori freschi ostacoli allo scorrimento del traffico nelle sembianze dei sempiterni lavori di rifacimento estivi di manto stradale aut di ripristino tubature gas/energia elettrica/altri cavi di indeterminata funzione, che ridisegnano ulteriormente la martoriata, più che complicata, geografia della viabilità.
Facendoci approssimare a qualcosa di molto simile, in meteorologia, alla tempesta perfetta.
E io, tra mille piroette e qualche necessaria ancorché discreta infrazione al codice stradale, penso al giorno in cui saranno chiusi tutti 'sti cantieri, smontati tutti 'sti ponteggi, e finalmente la circolazione tornerà libera e fluida.
E non riesco a immaginarmelo. 
E' qualcosa di così inconcepibile da far paura.
Al pensiero di quelle strade sgombre, di tutte le code evitate, e di tutto il tempo risparmiato, mi vengono le vertigini.
Tragitti che oggi copro in mezz'ora verranno compiuti in meno di un quarto d'ora, forse anche in dieci minuti.
Forse anche meno, se davvero la metropolitana servirà a qualcosa, cioè a incoraggiare auto limitazioni all'uso delle macchine.
Come adoperarlo dunque proficuamente, quel tempo mai posseduto e improvvisamente guadagnato? E' un rovello angoscioso.

Poi mi rammento che, appunto, vivo a Roma, e pertanto ho fondatissimi motivi per credere, più ancora che sperare, che quel giorno maledetto non arrivi né ora né mai.

Che sollievo.